Tom Clancy's The Division: la recensione

L'ambizioso sparatutto a mondo aperto di Ubisoft recensito per voi da Blogo
Tom Clancy's The Division: la recensione
L'ambizioso sparatutto a mondo aperto di Ubisoft recensito per voi da Blogo

Nelle sue prime “settimane di vita”, Tom Clancy’s The Division ha saputo bruciare tutti i record di vendita legati al lancio di una nuova proprietà intellettuale: davanti a un simile, incredibile risultato, e alla conseguente necessità di offrire agli appassionati un quadro veritiero e obiettivo dell’esperienza di gioco offerta da un kolossal di una tale portata, qualsiasi giudizio espresso dagli addetti al settore nelle giornate immediatamente successive all’uscita del titolo assume i contorni di uno sterile e superfluo esercizio di stile fine a se stesso.

Per questo, seguendo il suggerimento di Ubisoft abbiamo deciso di pazientare fino al raggiungimento del cosiddetto endgame (dopo circa 45 ore di gioco) e all’uscita dell’aggiornamento post-lancio prima di proporvi la nostra recensione di Tom Clancy’s The Division, con la chiara consapevolezza che il viaggio intrapreso dagli agenti della Divisione di New York è appena iniziato e che un giudizio più esaustivo sul progetto potrà essere dato solo nei prossimi mesi, con l’uscita delle espansioni e degli aggiornamenti promessici da qui alla fine dell’anno (e si spera anche oltre) dai ragazzi di Massive Entertainment.

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COSA CI PIACE

Meccaniche sparatutto ben calibrate

All’interno della dimensione virtuale di The Division vige la legge del più forte: vestendo i panni degli agenti di un’organizzazione paramilitare istituita dal Governo degli Stati Uniti per ristabilire il controllo di New York dopo una devastante pandemia che ne ha decimato la popolazione e trasformato l’area urbana in un inferno di anarchia criminale, il compito degli utenti è quello di fronteggiare le bande di terroristi e le gang che imperversano per le strade di Manhattan. Non c’è da sorprendersi, quindi, se tutti gli eventi che vedremo intrecciarsi nel corso dell’avventura principale (per tacere del caos che incontreremo all’interno della Zona Nera) dovranno essere risolti solo ed esclusivamente con l’ausilio del fucile del nostro alter-ego.

In Tom Clancy’s The Division, ancor più che in ogni altro MMOFPS in circolazione, le dinamiche sparatutto sono alla base di tutte le azioni che compiremo sia in singolo che in rete: l’impegno profuso da Massive Entertainment nello sviluppo del sistema di combattimento ha permesso al titolo di acquisire un ritmo serrato attraverso degli scontri a fuoco particolarmente tattici. Il codice che sovrintende al sistema di coperture dinamiche, ad esempio, dà al giocatore la capacità di spostarsi agilmente da un riparo all’altro servendosi di un’intuitiva interfaccia grafica “a realtà aumentata” senza perdere di vista l’obiettivo di turno, e soprattutto senza precludersi l’utilizzo delle abilità speciali e degli strumenti sbloccati al progredire del livello personaggio.

L’ingrediente principale della ricetta videoludica preparata dai Massive Entertainment, da questo punto di vista, risulta essere la semplicità: bastano davvero pochi minuti per capire come comportarsi sul campo di battaglia, ma servono parecchie ore di gioco per fare propri gli automatismi necessari per utilizzare al meglio le abilità di classe e le diverse tipologie di armi, con una perfetta commistione di elementi tratti dagli sparatutto in terza persona e dai giochi di ruolo “all’occidentale”.

Open-world ricco di contenuti

Pur essendo un titolo perennemente immerso in una dimensione online, Tom Clancy’s The Division è una vera e propria cornucopia di missioni principali e di attività secondarie da portare a compimento senza dover necessariamente intraprendere l’avventura in compagnia di altri utenti in rete. L’esplorazione di Manhattan, infatti, avviene in modo estremamente libero e autonomo poichè tutto ciò che avviene all’infuori dell’area adibita al multiplayer conosciuta come “Zona Nera” si riconduce alla storia “in singolo” del nostro personaggio e agli sforzi che bisogna compiere per ricostruire il campo base.

L’approccio scelto da Massive Entertainment per strutturare l’esperienza dell’avventura principale sganciandola dalle attività online della Zona Nera produce una netta differenziazione nell’esperienza di gioco offerta dal modulo sandbox e da quello compiutamente multiplayer: nel primo caso, infatti, l’acquisizione degli oggetti collezionabili ci permette di stringere un legame con gli abitanti della Grande Mela e di comporre il puzzle narrativo, mentre nel secondo caso il desiderio di affrontare le missioni giornaliere o di addentrarsi nella pericolosa Zona Nera è dovuto solo (o quasi) alla necessità di ottenere armi ed elementi di equipaggiamento sempre più rari.

Le solide basi offerte dal modulo a mondo aperto da affrontare principalmente in singleplayer e dall’ecosistema di sfide offerte in multiplayer da The Division regalano una mole spropositata di contenuti: a prescindere dal tempo speso nella Zona Nera e nella ripetizione delle sfide giornaliere che si attivano nel cosiddetto endgame un volta raggiunto il livello 30, l’offerta ludica dell’ultimo kolossal sparatutto di Ubisoft può facilmente estendersi per più di 50 ore, con una longevità teorica che può facilmente raggiungere e superare le 100 ore di gioco decidendo di sbloccare le armi e gli elementi di equipaggiamento più preziosi, di ritrovare tutti gli oggetti collezionabili sparsi per la mappa e di portare a termine tutte le sfide secondarie.

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Graficamente sontuoso

Dal punto di vista squisitamente tecnico, Tom Clancy’s The Division è secondo solo ai video di presentazione datici in pasto negli scorsi anni da Ubisoft per annunciare il titolo e il suo nuovo motore grafico, lo Snowdrop Engine. Sia su PC che su console, infatti, bastano davvero poche ore di gioco per accorgersi delle enormi potenzialità di questo motore grafico e della cura maniacale profusa dai programmatori e dai designer di Massive Entertainment per dare forma alle animazioni dei soldati a schermo, ai fotorealistici effetti particellari legati alle fonti d’illuminazione dinamica e ai singoli elementi architettonici che compongono i palazzi e l’arredo urbano della New York post-apocalittica pensata dagli autori della sussidiaria svedese di Ubisoft.

Molto spesso, la resa visiva garantita dallo Snowdrop è ai limiti del fotorealismo, con migliaia di elementi distruttibili (anche se solo marginalmente), dei filtri grafici a pioggia (o meglio, a neve…) e ambientazioni che vengono modificate plasticamente dagli eventi atmosferici che si susseguono in un perenne ciclo giorno/notte che cambia il volto di tutti gli scenari all’aperto (e, in taluni casi, persino degli ambienti al chiuso). Le uniche note stonate del grande lavoro compiuto in tal senso dal team di Ubisoft Massive riguardano la ripetitività di taluni elementi dell’arredo urbano (come le auto e i negozi), la presenza di frequenti errori nel sistema di gestione delle collisioni e dei ripari, il ritardo nel caricamento delle texture che mappano le superfici a schermo e la tediosa monotonia di una colonna sonora sprovvista di canzoni famose o di brani strumentali originali.

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COSA NON CI PIACE

Trama appena abbozzata

In quasi tutti i moderni videogiochi a mondo aperto, la trama della campagna principale viene diluita in mille rivoli narrativi per consentire agli sviluppatori di costruire un ricco ecosistema di missioni secondarie e di attività da portare a compimento in maniera estremamente libera: Tom Clancy’s The Division, da buon esponente del genere, non fa certo eccezione.

Le sfide che ci attendono all’ombra dei grattacieli semisepolti dalla neve di Manhattan, infatti, non seguono un percorso univoco ma assumono la forma di un’intricata ragnatela di eventi con epicentro il campo base e le missioni da svolgere per migliorarne le strutture di difesa, i servizi e il reparto medico in previsione dell’arrivo dei superstiti del Veleno Verde.

Sacrificando la linearità di una storia ben scritta sull’altare della libertà d’esplorazione e della modularità delle sfide aggiuntive che caratterizzeranno i futuri update e le espansioni del Season Pass, gli autori di Massive Entertainment mostrano il fianco alle critiche di chi, giustamente, da un kolossal del filone videoludico di Tom Clancy pretende una storia matura, originale e piena di colpi di scena. In un simile contesto di desolazione autorale, gli unici “appigli narrativi” offerti all’utente per immergersi nelle atmosfere post-apocalittiche di The Division sono quelli rappresentati dall’acquisizione delle innumerevoli registrazioni sparse per la mappa, ma anche dagli incontri estemporanei con i sopravvissuti al virus e alla brutalità delle gang che popolano le strade di Manhattan: tutto il resto, dalla caratterizzazione dei villain ai dialoghi con i PNG, risuona come un assordante silenzio.

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Armi e nemici poco caratterizzati

Le enormi lacune riscontrate nell’anonimo canovaccio narrativo steso dagli autori di Ubisoft Massive per plasmare la storia di The Division finiscono con l’inficiare negativamente sull’intero sistema deputato alla customizzazione del proprio alter-ego. Nel corso della storia, dalle primissime missioni da affrontare per potenziare il campo base fino all’endgame a alle sue interminabili scorribande nella Zona Nera, ci viene offerta l’opportunità di migliorare costantemente l’equipaggiamento e il guardaroba attraverso l’acquisizione di centinaia di armi, di oggetti, di capi di vestiario e di “parti di armatura”: peccato solo che nella stragrande maggioranza dei casi, i capi di vestiario e gli elementi di equipaggiamento sbloccati risultano essere anonimi sia nell’aspetto che nella funzionalità.

Nella dimensione sparatutto di Tom Clancy’s The Division, almeno nelle settimane immediatamente successive alla prima apertura dei server, non c’è davvero nulla che mostri visivamente al resto del mondo le decine di ore di gioco spese da ciascun giocatore per aumentare il livello di esperienza del proprio eroe digitale e del suo armamentario: da questo punto di vista, titoli come Halo, Call of Duty o Destiny sono immensamente più efficaci, e questo nonostante il sistema di gestione e personalizzazione dell’inventario, delle armi e degli oggetti estetici di The Division dimostri paradossalmente di essere molto più evoluto e profondo dell’omologo sistema di customizzazione disponibile per le soluzioni concorrenti.

Non è un caso, quindi, se anche i membri delle fazioni nemiche da affrontare per le strade di Manhattan mostrino un grave deficit di personalità: la blanda caratterizzazione delle unità guidate dalla CPU riflette il relativo anonimato degli agenti della Divisione, seppur con qualche leggera differenziazione tra i livelli di corazza e le armi utilizzate dalle gang criminali degli Ribelli, dei Rikers, dei Purificatori e dei soldati della nuova Guarnigione. Anche qui, però, non c’è nulla di paragonabile con l’originalità dei boss e di buona parte dei nemici “minori” di un analogo sparatutto free roaming come Destiny.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Il lancio di Tom Clancy’s The Division è solo la prima tappa di un faticoso viaggio che i vertici di Ubisoft promettono di compiere nei prossimi mesi per giustificare la permanenza a lungo termine di coloro che hanno deciso di difendere i superstiti del “veleno verde” di New York indossando i panni degli agenti della Divisione.

Certo, l’evidente downgrade grafico rispetto al concept originario ha depresso le speranze di coloro che seguono da anni l’evoluzione del titolo ricordando con nostalgia (e un pizzico di rabbia) i primissimi trailer di gioco datici in pasto dalla multinazionale videoludica francese, ma le modifiche apportate dagli autori di Ubi sono state assolutamente funzionali al progetto poichè contribuiscono, in ottica futura, al continuo ampliamento dell’universo digitale di The Division attraverso l’introduzione a cadenza regolare di contenuti aggiuntivi, siano essi rappresentati dagli aggiornamenti gratuiti o dalle espansioni a pagamento come quelle legate al Season Pass.

A conti fatti, quindi, il kolossal sparatutto di Massive Entertainment riesce a soddisfare le richieste degli appassionati del genere offrendo loro un’esperienza profonda e complementare a quella degli MMOFPS più blasonati, Destiny su tutti: solo il tempo, però, ci dirà se l’originale approccio adottato dagli sviluppatori svedesi per dare forma alla campagna principale e alla Zona Nera di The Division con una costante iniezione di contenuti inediti darà i frutti sperati o se, al contrario, saremo costretti ad assistere al lento declino di questa proprietà intellettuale dalle potenzialità infinite ma in larga parte inespresse.

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