Rocketbirds: Hardboiled Chicken - la recensione

Gamesblog recensisce per voi Rocketbirds: Hardboiled Chicken, titolo indipendente dei Ratloop Asia
Rocketbirds: Hardboiled Chicken - la recensione
Gamesblog recensisce per voi Rocketbirds: Hardboiled Chicken, titolo indipendente dei Ratloop Asia

Da tanto, forse troppo tempo, non ci rendevamo conto quanto una certa struttura di genere fosse insopprimile. Che si sia fatto finta o meno, il panorama indipendente degli ultimi anni ha quasi involontariamente mostrato quanto questo settore abbisogni di certi schemi consolidati.

Facendo di necessità virtù, quindi, tanti sviluppatori alle prime armi, con tanti sogni in testa e pochi soldi in tasca, si sono cimentati nella creazione di ciò che un tempo li aveva “semplicemente” intrattenuti. Se vogliamo, la storia di Ratloop Asia non è così avulsa da certe dinamiche. Riscosso un discreto successo con Rocketbirds: Revolution!, gioco in flash senza troppe pretese, hanno agguantato la possibilità di dar vita a qualcosina in più e non se lo sono fatti dire due volte.

Il risultato è Rocketbirds: Hardboiled Chicken, platform 2D piuttosto fedele al genere, con l’aggiunta di qualche interessante idea. Nulla di trascendentale, ma da certi giochi non è certo l’innovazione a tutti i costi ciò che s’ha da pretendere. Cerchiamo quindi di capire perchè un gallo – definito gallina, stando al titolo – dovrebbe mai meritare la nostra attenzione.

SERIO MA NON TROPPO

Uno degli aspetti che ci ha quasi immediatamente colpito è la distonia tra lo stile adottato ed il tipo di narrazione. In Hardboiled Chicken, sostanzialmente, ci troviamo a combattere un nutrito esercito di pinguini agli ordini del dittatore Putzki. Per farlo, dobbiamo indossare i panni del ribelle Hardboiled, un gallo tutto muscoli e con l’aria da duro come si vedeva fino a qualche tempo fa in certe pellicole hollywoodiane.

Apparentemente il nostro scopo è quello di salvare Albatropolis, proposito che in effetti corrisponde a verità. Ma c’è di più. Buona parte del gioco basa le brevi cut-scene di cui è composto su dei flashback tesi ad informarci in merito al passato del nostro protagonista. E’ attraverso queste fasi che, essenzialmente, si snoda la trama. Sì perché in realtà il gioco vero e proprio consiste in un continuo farsi largo tra nemici di svariati tipi e dimensioni.

Dopo aver accennato al comparto narrativo, è bene spiegare come mai siamo rimasti colpiti. Ratloop Asia dev’essere stata colta da uno slancio creativo, per cui la consapevolezza che una trama così “standard” non sarebbe stata sufficiente è divenuta fonte d’ispirazione a tutti gli effetti. Ecco allora optare per un stile che ricorda vagamente una sorta di fumetto stilizzato, costantemente in bilico tra il drammatico e l’ironico. Si tratta di un capovolgimento di significati, che gioca molto sul presentare determinati aspetti mediante il loro opposto.

Prendiamo l’esempio dei pinguini, comunemente raffigurati come creature amabili ancorché innocue. In questo contesto non hanno nulla di simpatico, anzi! La loro cupa uniformità li rende talmente anonimi da infastidire per la loro presenza. Presenza a cui fa da contraltare il nostro protagonista, personaggio caricaturale, come accennavamo poco sopra, di certe figure cinematografiche divenute cult per gli amanti dei film d’azione. Questo stona in maniera efficace, ossia il proporre una storia di per sé piuttosto cruda servendosi di personaggi davvero atipici. D’altra parte a quante operazioni di questo tipo possono prestarsi gli animali, come di fatto è avvenuto ed avviene soprattutto in altri ambiti come il cinema e la letteratura?

Altro aspetto interessante risiede nella quasi totale assenza di dialoghi. Se si eccettua qualche brevissimo scambio di battute tra i nostri nemici (cose del tipo “dovrei cambiare mestiere“, “cos’hai fatto oggi?“), la narrazione è pressoché totalmente affidata alle immagini. Non che necessiti chissà quale capacità interpretativa per godersela, ma chi vi scrive tende a considerare con non poco favore tale aspetto.

E mentre sgominiamo in maniera più o meno elegante ondate di pinguini, abbiamo modo di scoprire molto di più su Putzki, su Albatropolis, ma soprattutto sul vero “Cock of War“, appellativo appioppato con non poca malizia al nostro Hardboiled. Non sarà certo questo ciò che vi incoraggerà ad andare avanti, ma strada facendo si ha modo di assistere a qualche bella trovata.

ROTOLA E SPARA!

Checché se ne dica, l’esortazione con cui abbiamo aperto questa fase della nostra disamina racchiude un po’ tutto lo schema del gioco in termini pratici. Hardboiled Chicken consta essenzialmente di due momenti. Uno, il più presente, mediante il quale dobbiamo percorrere lunghi corridoi, a tratti claustrofobici, uccidendo qualunque cosa ci si pari innanzi. Il secondo, invece, ci impone di indossare un jetpack e spiccare il volo per infiltrarsi nei dirigibili dell’esercito (su cui campeggia spesso un carpenteriano “Obey!” a caratteri cubitali), così da annientarli. In questi casi abbiamo a che fare con due tipologie di nemici. La prima, composta da normalissimi soldati, pericolosi quanto delle mosche. Ma a bilanciare la situazione, almeno in parte, dobbiamo pure affrontarne di altri, dotati di lanciamissili. Quest’ultimi tendono a dare qualche noia di tanto in tanto.

Ma che il cuore del gameplay non sia questo è piuttosto evidente. E’ quando non ci libriamo nell’aria che Hardboiled deve fare del proprio meglio. Tra intense e ripetitive sparatorie e qualche semplice enigma a mo’ di puzzle-game, ci tocca macinare i 15 livelli ai quali il gioco ci sottopone. Tra un livello e l’altro pochi sono i veri cambiamenti. Una volta saturate tutte le scelte in relazione all’equipaggiamento, si tratta di capire quale arma più ci aggrada. Ma se mitragliatore, fucile a pompa, granate e quant’altro non brillano per freschezza, un po’ più divertente è l’introduzione di bombe grazie alle quali possiamo impossessarci dei nostri nemici e manovrarli. Trattasi di una meccanica molto simile a quanto visto, per esempio, in quel primo Oddworld su PlayStation.

A volte sarà indispensabile servirsene, giusto per affrontare punti diversamente insuperabili. Le vostre meningi potranno comunque dormire sogni tranquilli, se è questo che vi state domandando. Hardboiled Chicken non è affatto un titolo difficile, e di rado si percepisce un serio livello di sfida degno di tale nome. Per alcuni potrebbe essere limitante, ma per quanto ci riguarda preferiamo soluzioni di questo tipo, anziché estenuanti sedute di rieducazione alla pazienza.

I PINGUINI SOPRA LA CITTA’

Ci siamo soffermati su alcuni degli aspetti più importanti del gioco, ma adesso tocca un attimino interessarci alla veste grafica. Abbiamo scritto che Hardboiled Chicken non fa della varietà di gameplay uno dei propri cavalli di battaglia, ma laddove si potrebbe avvertire una certa ripetitività pad alla mano, ben diversa potrebbe essere la cosa qualora vogliate spaziare con lo sguardo. Lo stile è minimale e accattivante al tempo stesso, senza essere infarcito di troppi ammennicoli, ma ben congegnato e confezionato.

Pur nella loro cupezza, nella loro monotonia cromatica, le ambientazioni del gioco rendono in maniera piuttosto efficace l’atmosfera che s’intende ricreare. Accordandosi, peraltro, con una trama decisamente meno leggerz rispetto ai personaggi che si muovono su schermo, quasi marionette dentro a delle mura decontestualizzate. Qui, l’abbiamo detto, sta a nostro avviso la bravura dei Ratloop Asia, ossia nel saper mescolare elementi estranei dentro un calderone riuscito. I colori accesi del sangue che schizza a flotte sembrano non aver nulla a che vedere con un ambiente spoglio ma non per questo poco ispirato. Anzi, ci rendiamo conto che le due cose s’incastrano molto bene.

COMMENTO FINALE

Considerato quanto siamo soliti spendere per l’ennesimo FPS che dice poco o nulla, 9 euro per circa 5 ore di gioco ci sembrano tutto sommato onesti – senza contare la modalità cooperativa più il conseguimento dei vari Trofei. E questo per evitare astrusi giri di parole ed andare al sodo. Ma ragionare esclusivamente in termini economici ci sembra a dire il vero svilente per un gioco che non punta ad impressionare in virtù di felici introduzioni o stravolgimenti di sorta. Hardboiled Chicken è un bel gioco, divertente e con stile.

I pochi elementi di cui è composto sono amalgamati con criterio, compresa la colonna sonora, che si serve di alcuni brani della band indie rock New World Revolution. Un gioco che attinge a piene mani da svariate fonti, strizzando l’occhio al cinema (con la sua palese ispirazione a film come Rambo, oltre a qualche piccola licenza tratta da They Live di Carpenter), alla letteratura (con Putzki nei panni di un Grande Fratello di orwelliana memoria sui generis) e agli stessi videogiochi (alla luce di una struttura che segue piuttosto rigidamente i canoni di un genere a cui anche le “nuove leve” stanno cominciando a legarsi, ossia i platform bidimensionali).

Ottobre e novembre sono da anni mesi caldi, bisogna ammetterlo. Tuttavia Hardboiled Chicken non scappa, e qualora siate utenti PlayStation 3 (si tratta di un esclusiva su PlayStation Network) e amiate farvi un giro nel passato senza troppo lasciar perdere il presente, magari potreste trovare il tempo e la voglia di impersonare un muscoloso pennuto antropomorfo che sfida il sistema. Gia soltanto per quest’ultime parole, io mi sarei fatto convincere.

Ecco a voi il trailer di lancio. Rocketbirds: Hardboiled Chicken è già disponibile sul PlayStation Store al prezzo di 8,99 euro.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Rapporto qualità/prezzo convincente
  • Stile semplice ma accattivante
  • Dura quanto basta per non venire a noia
  • Non ci sarebbe dispiaciuta qualche possibilità in più in termini di gameplay

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