Mortal Kombat X: la recensione

NetherRealm Studios e Warner Bros. Interactive Entertainment rilanciano le ambizioni della saga picchiaduro di Mortal Kombat offrendoci un titolo compiutamente next-gen
Mortal Kombat X: la recensione
NetherRealm Studios e Warner Bros. Interactive Entertainment rilanciano le ambizioni della saga picchiaduro di Mortal Kombat offrendoci un titolo compiutamente next-gen

Il rumore assordante delle ossa che si spezzano, il tonfo sordo delle viscere che cadono a terra e le urla strazianti di guerrieri costretti ad assistere alla propria morte mentre vengono fatti a pezzi dai loro avversari: l’esaltazione della violenza è la cifra stilistica di un titolo come Mortal Kombat X che, approdando su PC e console current-gen, si serve della superiore potenza computazionale delle nuove piattaforme per inondare di sangue i nostri teleschermi e ricordarci che sì, Scorpion e Sub-Zero sono tornati e non hanno la benché minima intenzione di andarsene.

Sviluppato dagli studios americani di NetherRealm con il benestare di Warner Bros. Interactive Entertainment, il decimo episodio “maggiore” dell’iconica serie picchiaduro di Mortal Kombat si alimenta dell’esperienza maturata in quest’ambito dagli ex Midway Games (autori, non a caso, del reboot di MK nel 2011 e di Injustice: Gods Among Us nel 2013) per catapultarci in un inferno di carne e sangue dove vige la legge del più forte.

Con questa consapevolezza, nelle 20 e passa ore di gioco che abbiamo passato nella brutale dimensione di Mortal Kombat X (versione PS4) abbiamo stretto alleanze, combattuto per l’onore della nostra Fazione, straziato corpi e assistito allo smembramento del nostro coraggioso alter-ego in un crescendo di emozioni e sensazioni che trova una manifestazione diretta e tangibile nella scheda voto riassuntiva che accompagna le analisi e i giudizi a cui vi lasciamo con la nostra recensione.

COSA CI PIACE

Gameplay profondo e innovativo

Per erigere l’impalcatura di gioco di Mortal Kombat X, i NetherRealm Studios riprendono e declinano al futuro la classicissima (e amatissima) struttura a incontri all’interno di arene bidimensionali con battaglie all’ultimo sangue, condite dalla brutale esecuzione del lottatore sconfitto, giustificando il passaggio alle piattaforme current-gen con una sana dose di innovazioni che abbracciano ogni aspetto delle meccaniche di gameplay.

Le novità spaziano dalle modifiche “blande” che corrono sottotraccia ai miglioramenti più evidenti che cambiano profondamente la formula picchiaduro originaria: nel caso di MK X, infatti, bastano davvero pochi minuti di gioco per accorgersi degli interventi apportati dagli sviluppatori di Chicago seguendo le critiche, i suggerimenti e i consigli pervenuti in questi mesi sia dai fan di lungo corso della saga che dai “semplici” appassionati del genere.

Dall’aggiunta di tre stili specifici per ciascuno dei ventiquattro combattenti alla ritrovata possibilità di correre e di interagire con alcuni elementi dello scenario, fino ad arrivare all’implementazione della barra di stamina e alla totale riscrittura del codice deputato a gestire le animazioni delle combo e la fisicità degli impatti, tutti gli interventi compiuti dai ragazzi della sussidiaria di Warner Bros. strizzano l’occhio ai neofiti e permettono agli utenti più esperti di esprimersi al meglio senza alcuna limitazione di sorta.

Nel loro complesso, di conseguenza, le novità introdotte finiscono col rendere sensibilmente più frenetica l’azione di gioco sacrificando un po’ dell’anima strategica e tattica dei capitoli precedenti sull’altare dell’immediatezza, come testimoniato dalla decisione degli autori americani di bloccare la frequenza di aggiornamento delle immagini a schermo sui 60 frame al secondo. Un male necessario, visti gli effetti sortiti da questa scelta sulla profondità del nuovo sistema di combattimento e sulla poliedricità delle mosse da eseguire una volta assimilati i diversi stili dei personaggi in roster.

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Story Mode breve ma appagante

Ricca di flashback e di spezzoni in cinematica dedicati ai singoli combattenti, la modalità Storia di Mortal Kombat X è uno splendido “omaggio interattivo” alla dimensione ultraviolenta della saga e ai suoi personaggi più iconici.

I dieci capitoli in cui è suddivisa la narrazione principale aprono una finestra sui lottatori in roster, sul loro tormentato passato e sulle motivazioni dietro all’odio viscerale (in tutti i sensi!) che proveranno nei confronti delle loro nemesi: ben lontana dall’essere un semplice diversivo tra uno scontro uno-contro-uno in locale e una sfida in rete, la Story Mode fa da collante tra le diverse modalità proposteci dai NetherRealm Studios e offre una valida giustificazione al sistema delle Fazioni che infamma le battaglie delle arene multiplayer.

Parallele e complementari ai combattimenti della campagna principale troviamo infatti diverse attività singleplayer studiate per affinare i riflessi degli utenti con prove di forza che spaziano dalle battaglie delle Torri alle sfide del Re della Collina, due modalità che prevedono l’abbattimento in successione di nemici sempre più arcigni: queste ultime, in aggiunta alle missioni dedicate alla Fazione di appartenenza e alle immancabili sfide uno-contro-uno da affrontare da soli o in compagnia di un amico sulla medesima console, contribuiscono in maniera determinante a mitigare il dispiacere per la brevità della campagna principale, che purtroppo si lascia completare in poco meno di 5 ore a prescindere dal proprio livello di esperienza e dal livello di difficoltà selezionato in partenza.

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Multiplayer eccelso

Senza nulla togliere alla Story Mode e ai suoi fautori, il fine ultimo degli interventi compiuti dai NetherRealm Studios per evolvere la saga di Mortal Kombat non poteva che essere quello di migliorare e rendere più divertente il comparto multigiocatore. La frenesia degli scontri da affrontare in compagnia dei propri amici o nelle arene online viene esaltata dall’ampio ventaglio di opzioni a nostra disposizione nella scelta dei lottatori e, successivamente, nella selezione dello stile da adottare per trarre vantaggio dallo specifico set di mosse e di abilità.

In quest’ottica di perenne contrapposizione tra gli appartenenti alle diverse Fazioni di MK X si inseriscono, ad esempio, le sfide della modalità Re della Collina, dove l’ascesa irresistibile del proprio personaggio verso le posizioni più alte della classifica viene perennemente ostacolata da coloro che desiderano ardentemente la nostra morte (digitale, s’intende!) scalzandoci dai piani alti della graduatoria per guadagnare il rispetto degli altri contendenti e l’effimera (ma dannatamente appagante) gloria online del più forte. Al coro di dolore delle sfide classificate e degli incontri del Re della Collina si unisce il canto straziante delle Torri Viventi, con condizioni di gioco dinamiche che vengono periodicamente aggiornate per offrire sfide sempre varie agli utenti più competitivi.

Le principali modalità online di MK X vengono ulteriormente esaltate dalla presenza di un simpatico sistema di reputazione che permette ai giocatori (e, se presenti, agli spettatori in streaming) di giudicare la qualità dello scontro appena avvenuto attraverso una serie di risposte e di valori preimpostati che contribuiscono a immedesimarci nel nostro alter-ego. L’esperienza in rete di Mortal Kombat X, quindi, dimostra di essere completa e adatta per qualsiasi palato videoludico: peccato solo per il balbettante netcode che ci ha portati, in più di un’occasione, a sperimentare fastidiosi fenomeni di lag nel bel mezzo del combattimento e ad attendere diversi minuti prima di stabilire una connessione stabile con un altro giocatore in rete.

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Grafica ottima

La cura riposta dai ragazzi di NetherRealm nello sviluppo delle meccaniche di gioco, della Story Mode e del comparto multiplayer di Mortal Kombat X si riflette inevitabilmente sul comparto tecnico e artistico. Le arene sono incredibilmente dettagliate e ricche di elementi “mobili” (sia sullo sfondo che nelle immediate vicinanze dei lottatori), le animazioni dei personaggi sono estremamente fluide, il comparto audio è una sinfonia di esplosioni splatter e urla da ninja, il doppiaggio (tanto in madrelingua quanto in italiano) è certamente superiore rispetto a quello del reboot del 2011 e le mosse più cruente sono un sogno fatto realtà per tutti i cultori della serie, con combo X-Ray, Fatality, Brutality e Faction Kills semplicemente perfette.

Le uniche critiche che potremmo muovere in tal senso agli autori di Chicago riguardano il relativamente scarso numero di arene a nostra disposizione (specie se consideriamo l’alto numero di combattenti in roster) e, soprattutto, l’altalenante qualità del character design di taluni personaggi.

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COSA NON CI PIACE

Character design altalenante

Alla mostruosa caratterizzazione di lottatori come D’Vorah, Quan Chi e Ferra/Torr, purtroppo, fa da triste contraltare l’insufficiente e anonima rappresentazione visiva di combattenti come Jacqui Briggs, Sonya Blade, Johnny Cage e Takeda. Il discutibile bilanciamento delle abilità e delle mosse eseguibili da alcuni personaggi e da determinati stili di certo non aiuta e spinge gli utenti a evitarne l’impiego, come possiamo facilmente intuire osservando l’esito delle prime Guerre tra Fazioni (con la vittoria schiacciante delle Fazioni esteticamente e “moralmente” più legate ai combattenti dal design più riuscito) e la scelta ricorrente di combattenti “superiori” come Raiden, Jax o D’Vorah da parte degli utenti incontrati online.

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DLC invasivi

Il sempre crescente ricorso ai DLC da parte delle case di sviluppo e produzione più importanti non promette nulla di buono e rischia di innescare una pericolosa spirale involutiva che potrebbe coinvolgere l’intero settore: il caso dei contenuti aggiuntivi post-lancio di Mortal Kombat X è certamente meno “preoccupante” del fenomeno dilagante delle edizioni rimasterizzate, del fiorire dei Season Pass e, tanto per rimanere in tema picchiaduro, della moltiplicazione dei sottocapitoli di Street Fighter IV, eppure non possiamo fare finta di nulla e pensare che tutto vada bene.

Le critiche che ci sentiamo di muovere ai ragazzi di NetherRealm e ai pezzi grossi di Warner Bros. Interactive Entertainment, infatti, riguardano il volume dei contenuti aggiuntivi proposti sin dalle ore immediatamente successive all’uscita del gioco e la loro stessa presenza all’interno dell’edizione base del titolo, senza avere la possibilità di interpretare personaggi come Goro, Tanya o Tremor se non previo esborso di denaro per acquistarne i rispettivi pacchetti di espansione.

Ad alimentare la frustrazione degli appassionati per colpa di questi ingiusti balzelli ci pensa poi il famigerato DLC che, una volta acquistato, consente ai giocatori di facilitare l’esecuzione delle Fatality di alcuni (o di tutti) i combattenti in rosa: la sola esistenza di un simile DLC è avvilente, se pensiamo che le Fatality, all’interno dell’universo splatter della saga di Mortal Kombat, sono da sempre l’irrinunciabile apostrofo rosso sangue tra le parole “t’ammazzo” che gli utenti più esperti adorano incidere sulle carni della vittima di turno per dimostrare la loro bravura alla fine di ogni incontro vinto.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Il successo della formula scelta dagli autori di Mortal Kombat X per traghettare il passaggio della serie picchiaduro di Warner Bros. su piattaforme current-gen è figlio dell’ottimo lavoro svolto dai NetherRealm Studios con il reboot di MK del 2011 e, nei successivi due anni, con l’originale progetto di Injustice: Gods Among Us. Se visti in quest’ottica, gli interventi compiuti dagli sviluppatori americani non possono che essere considerati come la naturale evoluzione di una saga saldamente ancorata al passato ma con lo sguardo proteso al futuro.

I difetti riscontrati nella Story Mode, nel character design, nel netcode delle sfide multiplayer, nella varietà delle arene e nell’implementazione dei DLC, infatti, scalfiscono solo superficialmente l’offerta di gioco complessiva di un titolo che, come Mortal Kombat X, regala ore ed ore di puro divertimento dimostrando di essere così profondo da meritare di entrare nell’Olimpo dei migliori e più completi picchiaduro a incontri che l’industria videoludica abbia avuto il piacere di proporci negli ultimi anni.

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