Driver: San Francisco - la recensione

Driver: San Francisco - la recensione di Gamesblog.it
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Figlia di un’epoca cronologicamente recente ma videoludicamente lontanissima da quella attuale, la saga di Driver ha sofferto non poco il passaggio dalla precedente all’attuale generazione di console: uscita malconcia dallo scontro titanico con Grand Theft Auto, questa nobile serie ha cominciato una pericolosa discesa qualitativa dovuta sia alla mancanza di originalità che all’altrettanto grave assenza di un qualsivoglia slancio rinnovatore legato alla giocabilità spicciola.

Consapevoli della necessità di riscattare un passato doloroso fatto di progetti mediocri e di titoli artisticamente e ludicamente deludenti, gli Ubisoft Reflections promettono di svecchiare lo stantio gameplay della saga ravvivando il canovaccio narrativo con l’introduzione di elementi assolutamente inediti, sorprendenti e, da un certo punto di vista, persino innovativi.

Con Driver: San Francisco, quindi, la speranza nostra e di chi ci sta leggendo è quella di riveder brillare negli occhi di Tanner quella vivida luce spentasi da tempo in favore di una serialità monocorde legata esclusivamente a fattori commerciali. Cerchiamo allora di capire, con questa recensione (le versioni testate sono quelle per PS3 e X360), se gli sviluppatori di Newcastle sono riusciti o meno nella loro impresa, e per farlo partiamo proprio dall’analisi del fattore più importante del titolo, ossia la sua atipica trama e le conseguenze che quest’ultima avrà nella costruzione dell’impalcatura di gioco.

TANNER, IL FANTASMA SALTATEMPO

Dal punto di vista squisitamente narrativo, il plot principale di Driver: San Francisco è ridicolo, paradossale, ai limiti del grottesco ma, proprio per questo, tremendamente utile ai fini del gameplay. Per questa loro ultima fatica, infatti, gli Ubisoft Reflections decidono di riallacciarsi ai tumultuosi eventi conclusivi di Driv3r e di farci vivere un’avventura onirica nella San Francisco ricreata nella mente dell’agente John Tanner finito in coma dopo il violento scontro con Jericho.

In questo universo fittizio partorito dalla fervida immaginazione di Tanner, quindi, il nostro scopo sarà quello di cercare di riprenderci dal coma stimolando il cervello del nostro agente preferito attraverso la ricostruzione di inseguimenti fittizi e di rocambolesche fughe a bordo di bolidi senza tempo (tanto per fare due esempio, in strada potremo incontrare diverse DeLorean di “Ritorno al Futuro” e delle sfavillanti Bugatti Veyron parcheggiate in quartieri che definire degradati sarebbe un eufemismo).

Immersa in una nebbiolina luminescente che dona al tutto una splendida atmosfera da telefim poliziesco di metà anni ’70, la San Francisco che potremo visitare non sarà che una lontana parente della metropoli californiana che tutti noi conosciamo: al realismo scenico dei quartieri e delle sue vie più importanti e caratteristiche farà infatti da contraltare la presenza di aree liberamente interpretate dalla memoria di Tanner che, da corridore incallito, plasmerà mentalmente delle ambientazioni con autostrade dalla carreggiata spropositatamente ampia (specie considerando la frastagliata natura orografica di San Francisco) e stenderà delle lunghe lingue d’asfalto tra un’area e l’altra per consentirci di sfrecciare senza problemi legati al traffico.

Già, il traffico, l’altro grande protagonista di questo atipico capitolo di Driver dominato dalla presenza dello Shift, che non è il tasto omologo della tastiera ma è il potere che rappresenta la novità più importante del prodotto nonché uno degli elementi centrali del gameplay della campagna in singolo prima e delle modalità multiplayer poi.

Driver: San Francisco - galleria immagini

SHIFTA CHE TI PASSA

Lo Shift è la summa di tutte le caratteristiche inedite introdotte dai Reflections nelle meccaniche di gioco di Driver: San Francisco e rappresenta degnamente il curioso escamotage narrativo trovato dagli sviluppatori per espandere l’avventura lungo tutto l’arco delle missioni principali e secondarie offerteci in singolo e nel modulo online. Attivabile con la semplice pressione di un tasto, il potere di Shift consente a Tanner (adesso tenetevi forte ai braccioli della sedia) di proiettare la sua anima all’infuori dell’auto che sta guidando e di “reincarnarsi” nel corpo di uno degli ignati guidatori delle vetture situate nelle vicinanze, il tutto attraverso una comoda visuale a volo d’uccello che blocca il tempo e ci consente di scegliere con parsimonia l’auto da governare.

Tutto questo, naturalmente, pur distorcendo la concezione stessa che abbiamo sempre avuto dei giochi di guida ci permette di sperimentare situazioni ai limiti del surreale che si traducono in missioni estremamente variegate e variopinte: grazie allo Shift, infatti, possiamo dare la caccia al criminale di turno escogitando delle “strategie d’accerchiamento” complesse che comprendono l’utilizzo di più autovetture in contemporanea (se ad esempio si ha la necessità di fermare la fuga di un ladro di auto da corsa, lo si può bloccare posizionando in lontananza un camion di traverso sulla carreggiata o, magari, lo si può costringere all’interno di una sorta di “imbuto” creato all’occorrenza con le macchine limitrofe).

Oltre che per la “gestione dell’anima” del nostro personaggio, la visuale dall’alto risulta essere di fondamentale importanza sia nella ricerca delle eventuali missioni secondarie non ancora completate (ognuna delle quali consente di sbloccare nuove autovetture e bonus vari) che nello studio puro delle strade, un aspetto apparentemente superfluo (e persino noioso) ma comunque di enorme rilevanza proprio in virtù della natura estremamente eterogenea dei compiti affrontati di volta in volta da Tanner, tutti dominati dalla presenza costante dello Shift che, come la lunga tradizione dei titoli di Burnout insegna, si appoggia assieme al Turbo ad un’apposita barra di energia ricaricabile attraverso azioni acrobatiche o, comunque, nel compimento delle missioni principali e secondarie.

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Ampliabile nel prosieguo dell’avventura con capacità accessorie, lo Shift rende unica ogni singola missione e ci permette di personalizzare al massimo l’esperienza di gioco per farla aderire alle nostre necessità e ai nostri gusti, anche in virtù della natura aperta delle ambientazioni proposteci dai Reflections e, quindi, dall’enorme ventaglio di opzioni a nostra disposizione: la scelta di investire gran parte dell’economia di gioco nello Shift (e nella relativa galassia di mini-capacità gravitanti attorno a questo immenso potere) ha però i suoi limiti dovuti in larga misura all’impossibilità di conciliarsi appieno con il gameplay “classico” dei titoli di guida di questa serie così come delle altre.

Pur essendo straordinariamente duttile, infatti, lo Shift limita ogni sessione di guida pura al ruolo marginale di fase intermedia tra una “shiftata” e l’altra, producendosi così in una sorta di “frustrazione strisciante” che si fa sempre più largo col passare delle ore di gioco: se le missioni iniziali rappresentano delle utili e divertenti fasi di tutorial interattive che spiegano alla perfezione ciò che saremo in grado di fare da lì in avanti nei panni di Tanner, le missioni avanzate offrono un livello di sfida ben maggiore che obbliga gli utenti ad appoggiarsi quasi esclusivamente allo Shift, deprimendo in tal modo le fasi al volante (che, oltretutto, offrono dei comandi molto reattivi e persino realistici, per quanto possa essere “realistico” il sistema di guida di un progetto spiccatamente arcade come questo).

Questo, purtroppo, è un aspetto che tende a penalizzare più coloro che vorranno cimentarsi nel faticoso compimento di tutti gli obiettivi secondari sparsi per la mappa (un’impresa che vi terrà occupati per decine e decine di ore) che non quelli che, invece, eviteranno tutti i compiti “accessori” per concentrarsi solo sulle missioni principali della campagna (in questo caso, però, basteranno meno di 10 ore). Grazie al cielo, comunque, le problematiche riscontrate nell’avventura in singolo non contagiano le modalità multigiocatore che, per varietà e qualità, possono essere considerate giustamente come il punto più alto raggiunto in quest’opera dai Reflections.

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MULTIPLAYER

L’impianto multiplayer di Driver: San Francisco rappresenta un valido compromesso tra la vecchia giocabilità dei precedenti capitoli della saga e le nuove soluzioni narrative e videoludiche escogitate nella campagna in singolo con l’introduzione dello Shift. Se nel singleplayer Tanner dipende in tutto e per tutto dallo Shift e ai suoi relativi sotto-poteri, online la necessità di smaterializzarsi per apparire all’interno di un’altra autovettura decade in favore delle care, vecchie gare su strada e degli altrettanto classici inseguimenti “guardie e ladri”.

Le modalità a disposizione di chi vorrà cimentarsi in Rete spaziano infatti dalle gare ad otto giocatori senza Shift agli eventi “Trailblazer” in cui si dovranno accumulare dei punti stando nella scia di una DeLorean: questo metaforico abbraccio tra le due anime del gameplay prosegue allegramente con gli inseguimenti veri e propri (con un gruppo di utenti che interpreta i poliziotti e un altro gruppo che indossa gli scomodi panni dei criminali) e con modalità ibride come “Tag” in cui, tra una sportellata e l’altra, bisognerà utilizzare lo Shift per passare velocemente tra le vetture presenti sulla mappa nella speranza di non essere colpito dagli avversari.

Per rendere ancor più profondo il modulo online di Driver: San Francisco, i ragazzi di Reflections hanno saggiamente pensato di introdurre un’apposita modalità in splitscreen (una caratteristica sempre più rara) e un sistema di gestione del punteggio che, col tempo, permette ai piloti virtuali di sbloccare altre sotto-modalità in base ai propri successi conseguiti in Rete.

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GRAFICA E SONORO

Con i suoi 355 chilometri di strade e autostrade percorribili liberamente dal nostro personaggio, questo Driver: San Francisco si colloca nell’Olimpo dei videogiochi sandbox più estesi di sempre. Certo, il budget non particolarmente elevato a disposizione dei programmatori di Ubisoft Reflections non gli ha consentito di perfezionare ogni spigolosità estetica del titolo, ma la presenza di un motore grafico incredibilmente fluido (raramente si scende sotto i 50-60 frame al secondo), di un vasto parco auto e di ambienti vibranti con un numero molto elevato di pedoni e di vetture su strada compensa ampiamente l’assenza di texture definite e di modelli poligonali ricchi che, oltretutto, vengono saggiamente mascherati da filtri grafici e particellari molto pesanti (ma comunque coerenti all’aspetto generale dell’opera).

Decisamente meno lusinghiere sono invece le considerazioni da fare sulla gestione dei danni (davvero eccessivi in rapporto agli impatti), della fisica (alle alte velocità, le auto sembrano fruscelli al vento) e dell’intelligenza artificiale a supporto dello Shift (che entra in azione ogni volta che saltiamo da una vettura all’altra).

Dal punto di vista sonoro, invece, non possiamo lamentarci praticamente di nulla: la scelta degli sviluppatori di collocare questa San Francisco onirica in una dimensione temporale utopica da telefim poliziesco anni ’70 è sorretta magnificamente dalla presenza di una colonna solora a tema, da un ricco ecosistema di campionamenti legati alle auto e alle situazioni proposteci dallo Shift e da un doppiaggio che segue dinamicamente lo svolgersi dell’avventura e dà corpo ai tanti intermezzi filmati.

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COMMENTO FINALE

Pur afflitta da grossolane sbavature narrative e da un gameplay lacunoso (soprattutto nelle fasi avanzate), nel complesso la campagna di Driver: San Francisco rappresenta una felice sorpresa sia per coloro che si affacciano per la prima volta a questa serie che per gli appassionati di lungo corso di Tanner, una sorpresa che trova oltretutto una conferma più che valida nel solido e multisfaccettato impianto multiplayer sviluppato dagli Ubisoft Reflections per conciliare il gameplay classico alle profonde innovazioni apportate con lo Shift e con i relativi sotto-poteri paranormali a cui dovremo affidarci di volta in volta per completare obiettivi e missioni all’insegna dell’originalità più assoluta.

I coraggiosi passi in avanti compiuti dagli sviluppatori per svecchiare la serie, quindi, si rivelano azzeccati e portano questo Driver: San Francisco a ritagliarsi uno spazio tutto proprio nel panorama dei giochi di corse e, in misura persino maggiore, in quello degli action sandbox.

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Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Campagna in singolo ampia e ricca di missioni
  • Shift, un potere originale e divertente
  • Multiplayer solido e variegato
  • Missioni avanzate troppo orientate all’uso dello Shift
  • Texture, IA, danni e fisica migliorabili
  • Trama a dir poco paradossale

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