Dishonored 2: la recensione

Gamesblog vi propone la recensione dell'ultimo, sorprendente action-stealth di Bethesda e degli studi Arkane
Dishonored 2: la recensione
Gamesblog vi propone la recensione dell'ultimo, sorprendente action-stealth di Bethesda e degli studi Arkane

I fiumi d’inchiostro versati in questi anni dai giornalisti di settore per tessere le lodi degli studi Arkane e del primo, indimenticabile capitolo della serie di Dishonored, sono l’eredità più pesante con cui i protagonisti di questo nuovo episodio, che poi sono gli stessi del precedente (Corvo Attano ed Emily Kaldwin), dovranno confrontarsi per far valere le proprie ragioni.

Con l’aiuto di Bethesda, e dei preziosi suggerimenti pervenuti dagli utenti che si sono cimentati con le sfide del titolo originario e della sua Edizione Definitiva per console current-gen, gli sviluppatori francesi hanno approfittato dell’ampio lasso di tempo concessogli dalla casa di produzione statunitense per estendere il perimetro digitale del loro gioiello ed attrarre nuovi adepti degli action-stealth e delle avventure a mondo aperto con un profondo restyling grafico, narrativo e ludico della serie volto a rendere Dishonored 2 uno dei sequel più importanti e sorprendenti degli ultimi anni.

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Le oltre 30 ore di gioco passate in compagnia di Corvo ed Emily con la versione PS4 di Dishonored 2, la maggior parte delle quali trascorse adottando un approccio stealth, sono quindi il perfetto viatico per una recensione che, come potranno facilmente intuire coloro che hanno seguito insieme a noi tutte le fasi del lungo percorso di sviluppo intrapreso dai ragazzi degli studi Arkane, non sarà certo avara di sorprese, sia in positivo che – purtroppo – in negativo.

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COSA CI PIACE

Trama coinvolgente

A dispetto della libertà offerta all’utente nella scelta del percorso da intraprendere e delle decisioni da assumere nel corso della campagna principale, il canovaccio narrativo di Dishonored 2 risulta essere estremamente solido e coinvolgente sin dalle prime battute dell’avventura, con il prologo che ripercorrere la storia dell’episodio precedente e approfondisce gli eventi accorsi nell’Impero Insulare nei 15 anni successivi alla caduta del Lord Reggente e alla fine della spaventosa epidemia di peste che ha decimato la popolazione di Dunwall.

Senza scendere nei particolari per non cadere nello spoiler più becero e rovinarvi il piacere della scoperta, ci limitiamo quindi ad elogiare gli sforzi profusi dagli autori degli studi Arkane per dare a Dishonored 2 una trama profonda e ricca di colpi di scena, merito della caratterizzazione dei personaggi secondari, della maniacale cura riposta nella realizzazione degli scenari e, soprattutto, dei molteplici bivi narrativi da seguire scegliendo di interpretare Corvo ed Emily alternandoli in base alle proprie necessità, prova ne sia l’impossibilità di scoprire tutti i segreti della campagna principale nel corso di una singola “run”.

Gameplay profondo e ricco di sfumature

La straordinaria autonomia garantita dagli autori degli studi Arkane nella scelta del percorso narrativo da intraprendere per “scrivere” la storia e il finale di Dishonored 2 si riflette inevitabilmente sulle meccaniche di gioco e sulla libertà concessa agli utenti nell’evoluzione dinamica delle abilità e dei poteri dei due personaggi. Impersonando Corvo Attano ed Emily Kaldwin potremo addentrarci nei luoghi più segreti della città costiera di Karnaca e pianificare missioni di sabotaggio, di infiltrazione silenziosa o di puro assassinio con l’aiuto di decine di gadget, di poteri e di abilità paranormali da acquisire attraverso l’esplorazione dello scenario e il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla campagna principale: il dualismo tra Emily e Corvo è un elemento centrale dell’economia di gioco di Dishonored 2, specie in virtù dell’impegno dimostrato dagli studi Arkane nell’affinare l’intelligenza artificiale dei nemici e aumentare la complessità dei livelli.

Le possibilità offerte dal titolo, da questo punto di vista, sono praticamente infinite e costituiscono una sorta di “gioco nel gioco” che ci fornisce l’alibi perfetto per ricominciare daccapo l’avventura e sperimentare soluzioni di gameplay sempre nuove, con approcci che spaziano dallo stealth puro agli sparatutto classici, con in più la possibilità di rifiutare del tutto l’aiuto esterno rappresentato dalle abilità paranormali del Marchio. Diversamente dal passato, però, la possibilità di sperimentare liberamente con le abilità nell’alternanza armoniosa tra Corvo ed Emily non costituisce un esercizio fine a se stesso (e alla rigiocabilità) ma diviene un vero e proprio mantra per tutti coloro che decideranno di intraprendere la storia ai livelli di difficoltà più impegnativi.

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Artisticamente ispirato

Gli innumerevoli interventi compiuti dai ragazzi degli studi Arkane per far fare alla serie di Dishonored il dovuto salto dalle console della passata generazione alle piattaforme attuali trovano una sintesi perfetta nel passaggio alla nuova ambientazione rappresentata da Karnaca, la città più meridionale dell’Impero Insulare. Più calda, più luminosa, più lussureggiante, più colorata e decisamente più “viva” di Dunwall, il Gioiello del Sud si pone in netto contrasto con la capitale del regno e i suoi freddi quartieri governativi e, anche per questo, offre ai designer transalpini il pretesto perfetto per stravolgerne il comparto artistico allontanandosi dal grigiore opprimente dell’episodio del 2012.

Il sole che dipinge le strade di Karnaca facendole esplodere in un tripudio di colori, oltretutto, maschera in maniera sagace gli inevitabili difetti grafici di un titolo che fa della libertà di esplorazione una delle sue armi più affilate: la sfarzosa opulenza dell’Osservatorio Reale, il folle level design di Villa Meccania e la maniacale caratterizzazione degli elementi architettonici, degli interni, dei capi di vestiario, degli elementi di equipaggiamento e dell’interfaccia grafica a metà strada tra il retrofuturistico e il vittoriano non cancellano la delusione derivante dalla bassa risoluzione delle texture o dalla scarsa definizione di taluni complementi di arredo ma, di certo, aiutano a renderlo decisamente più sopportabile.

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COSA NON CI PIACE

Difficoltà mal calibrata

Le complesse ramificazioni delle abilità da sbloccare e il profondo modulo legato all’acquisizione dei poteri e delle “mosse speciali” di Corvo ed Emily rappresentano un’arma a doppio taglio: se da un lato, infatti, costituiscono l’ossatura dell’esperienza di gioco di Dishonored 2 e del multisfaccettato caleidoscopio di scelte da compiere nel corso della campagna, dall’altro finiscono con il compromettere la progressione dell’avventura e a schiacciare il livello di difficoltà delle missioni più avanzate.

La scarsa capacità di adattamento dell’intelligenza artificiale dei soldati e dei nemici robotici alle abilità e ai poteri sbloccati dai due personaggi, purtroppo, trasformano ben presto i due eroi in irresistibili macchine da guerra a prescindere dal livello di difficoltà selezionato: basta un’accurata ricerca degli Amuleti d’Osso, infatti, per trasformare la seconda parte della campagna principale in un’estesa “area di addestramento” in cui testare le proprie capacità omicidiarie o di infiltrazione silenziosa senza far correre particolari rischi al proprio alter-ego.

L’aggiornamento di dicembre, comunque, promette di risolvere alcuni di questi problemi con l’introduzione della funzione New Game Plus, della parziale riformulazione dell’IA dei nemici, di nuove modalità e della possibilità di giocare a un livello di difficoltà ancora più elevato. Chi è in cerca di emozioni forti, a prescindere da questo update, può sempre mettersi alla prova decidendo di intraprendere l’avventura senza accettare il Marchio dell’Esterno e, per i più coraggiosi, senza utilizzare poteri o gadget avanzati.

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Qualche bug di troppo

Nel corso delle circa 30 ore trascorse nella dimensione digitale di Dishonored 2 su PlayStation 4 (modello “standard”) siamo incappati in diversi bug e glitch che hanno inficiato negativamente sulla nostra esperienza di gioco: routine comportamentali dei nemici completamente sballate al caricamento di un salvataggio, misteriosi fenomeni di compenetrazione di modelli poligonali nelle aree più affollate di Karnaca, fonti di illuminazione intermittenti e irrealistiche, animazioni mancanti nei combattimenti all’arma bianca, texture che stentano a caricarsi, personaggi che sprofondano nel pavimento tra un teletrasporto e l’altro, eccetera eccetera…

Se su console i problemi riscontrati sono perlopiù di natura grafica e vi si può soprassedere con relativa semplicità, ben diversa è invece la situazione su PC dove gli acquirenti della prima ora di Dishonored 2 hanno dovuto confrontarsi con bug, glitch e crash talmente gravi da indurre gli stessi sviluppatori ad attivarsi con patch tardive e soluzioni di ripiego che, di certo, non rendono onore al titolo.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Bastano davvero poche ore di gioco per innamorarsi di Dishonored 2: il lavoro svolto in questi quattro anni dagli Arkane Studios per assecondare i desideri e le richieste dei tanti appassionati di action-stealth cresciuti all’ombra delle severe architetture di Dunwall hanno prodotto un piccolo grande gioiello di audacia. L’opera ultima della sussidiaria francese di Bethesda non si limita a migliorare in ogni aspetto le meccaniche di gameplay del titolo originario, ma se ne serve per evolvere con intelligenza le dinamiche narrative e acquisire una propria dimensione all’interno del sempre più esteso e frammentato genere delle avventure a mondo aperto con una freschezza e una cura per i dettagli insolita per un sequel di questa portata.

La multisfaccettata esperienza di gioco offerta da Dishonored 2 riflette magnificamente la visionaria e caleidoscopica personalità di Corvo ed Emily, calamitando le attenzioni dell’utente in un crescendo di emozioni e di situazioni che lasciano il segno nonostante il mancato slancio di originalità garantito dall’episodio precedente e un senso di progressione incapace, ai livelli più avanzati dell’avventura, di offrire un tasso di sfida soddisfacente. Complimenti agli studi Arkane, quindi, ma anche a chi, all’interno di Bethesda, ha deciso di valorizzare questa proprietà intellettuale non cedendo alle false sirene del guadagno facile rappresentato dalla serializzazione annuale.

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